Ohi Folks!
Trascorso un anno, un mio anno di silenzio in questo blog. In effetti non ho smesso di scrivere, se state seguendo i miei ***Giorni Così*** lo sapete bene che sto scrivendo un pensiero ogni sera da oltre un anno. Lo sapevate?
Ebbene, sono successe molte cose in questo mio 2017 e ho dovuto scegliere dove e come focalizzare la mia attenzione. Non è stato facile scegliere, ma alla fine anche il rimandare a data migliore la scrittura qui su NEVERLANDstorie ha avuto un peso e ha aggravato il mio silenzio.
Mafalda lo ha detto in questo modo:
Ecco, molto probabilmente il mio progetto originale per il 2017 mi è stato sottratto da qualcuno perché a un certo punto non l’ho più trovato. Certo, vi posso dire che ho lavorato in qualche scuola (media e superiore) con i progetti di narrazione, che ho ancora lavorato alla radio con tre programmi diversi (si è concluso proprio a dicembre il mio Visions make Beauty) e che ho intrapreso una nuova strada che mi ha portata a usare la scrittura in un altro modo. In poche parole: ho ricominciato a studiare e a imparare. Credo che per me sia la condizione migliore, quando smetto di imparare, quando la sfida perde il mordente perché ormai il campo da gioco lo conosco, allora viene meno la mia motivazione e devo per forza rimettermi alla ricerca. Solitamente quando cerco, trovo. Ho trovato un ambiente lavorativo del tutto nuovo per me, mi occupo di comunicazione a 360 gradi, con dinamiche di team che vanno a focalizzare tutti i progetti di gruppo che negli ultimi anni avevo curato (da Pandora, le Storie del Vaso al Circolo Scrittori Instabili e InstabilMente-contaminazioni d’Arte) in una visione professionale più incisiva.
Come ogni cambiamento che si rispetti, il passaggio non è stato indolore. Chiudere tutto quello che per oltre dieci anni mi ha visto dare il meglio di me stessa è una piccola morte che ho dovuto attraversare.
Mi piacerebbe poter seguire tutto, ma ho dovuto arrendermi all’evidenza: non posso, non ci riesco. Quindi lasciare aperte situazioni che non potevo più curare era diventato insostenibile (per come sono fatta io), ho fatto pace con me stessa e ho iniziato a scrivere le ultime pagine di ogni storia.
Mentre lo facevo mi ritornavano in mente ogni grammo di impegno e dedizione che ci avevo messo nel concretizzare quei folli progetti che sembravano solo voli pindarici senza senso. Per tutti, non per me. Ho ripassato ogni sentiero percorso e ho contato i passi, ho ritrovato i colori, ho riassaporato il gusto del creare e del donare il frutto della propria creazione. Ho ringraziato ogni singola persona che si è lasciata coinvolgere dalle mie idee e che ha dato davvero tanto di sé in ogni occasione. La cosa migliore è aver potuto lavorare assieme a chi ammiravo e rispettavo, i ricordi legati a loro sono i più preziosi di tutti.
Cos’altro aggiungere? Non so dove la mia nuova strada mi porterà, quando si inizia un viaggio c’è incertezza, dubbio, fatica e poco altro, quindi non voglio fermarmi ora a pensare e a valutare. Il tempo me lo dirà, il tempo te lo dice sempre se hai voglia di ascoltarlo. So che sto già imparando molto da tutto quello che ho affrontato negli ultimi cinque mesi e so che le lezioni non mancheranno e che non saranno tutte facili da digerire. So anche che la mia scrittura verrà trasformata di nuovo, la mia capacità di cogliere l’essenziale verrà amplificata e questo si rifletterà non soltanto sulle storie che scriverò e sui progetti che concretizzerò, ma anche e soprattutto sulla persona che sarò. Migliore, spero.
Qui volevo arrivare: l’ho sempre pensato, ma forse non l’ho detto spesso perché dirlo crea spesso fraintendimenti che non sempre ho voglia e pazienza di spiegare. Ora credo sia arrivato il momento, però.
Scrivere non è una questione di fare, ma di essere. Tutto quello che siamo entra in modo vigoroso – anche se a volte silenzioso – in quello che scriviamo, perché è la nostra voce che si mostra, è la nostra anima che si stende – parola dopo parola, riga dopo riga, pagina dopo pagina. Coltivare la nostra anima significa renderla forte per permetterle di farsi ascoltare. Se non abbiamo molto da dire è perché non siamo stati capaci di ascoltare tutto quello che la vita ci sta dicendo e come si fa a raccontare se non siamo attenti a ricevere?
Imparare ogni giorno una cosa nuova, mi è stato insegnato da un elegante e delizioso signore di novant’anni che ho intervistato un po’ di tempo fa. Appena me l’ha detto ho capito che era esattamente quella la cura che stavo adottando per curare la mia anima, inconsapevolmente. Lui me l’ha confermato: funziona. Scrivere è un viaggio spaventoso che ti porta fin dentro le viscere della tua terra e se guardi bene la tua terra scoprirai che condivide le stesse viscere con il resto dell’Umanità. Il mondo è piccolo, dicono. Hanno ragione.
Scrivere è una disciplina che ti toglie le forze, ma quando sei a terra ti ridà tutto centuplicato. Se sei disposto a rischiare, ovviamente.
Non sono mai stata un’insegnante di scrittura creativa, sono sempre stata soltanto una cantastorie. In ogni ambito in cui ho potuto lavorare ho cercato di marcare per bene il mio campo da gioco. Essere Maestri è cosa di pochi, io non lo sono. Sono stata più allieva che maestra e, soprattutto, ho cercato di trasferire un po’ della mia passione e un po’ della mia esperienza a chi mi si avvicinava chiedendomi di rinvigorire il fuoco della propria scrittura per esprimersi meglio.
Un viaggio spettacolare, durato oltre dieci anni, che mi ha fatto avvicinare a bambini, ragazzi, adulti (fino a oltre novant’anni!)… che privilegio è stato, che incredibile possibilità di scoperta e di crescita!
Sono costretta ora a congelare anche questo mio blog, archivio il progetto NEVERLANDstorie con le benedizioni dovute e la gratitudine che si deve a qualcosa di bello, tremendamente bello, che ti ha toccato.
Grazie a tutti voi per essere ancora qui, per aver letto questo ultimo post e per avermi accompagnato in questi anni. Che il 2018 vi porti tonnellate di Bellezza da togliere il respiro e puri momenti di Gioia, che è diritto di tutti perché è lei che ci permette di sorridere alla vita.
Grazie di cuore,
Barbara