MIRAGGI, VISIONI… REALTA’

Se avete letto i post precedenti non farete fatica a comprendere perché voglio dire ciò che sto per dire.
Per chi non lo avesse fatto e non ha voglia di leggersi il resto posso sintetizzare in questo modo:
        1. Ognuno trova dentro se stesso il motivo per cui vuole scrivere
        2. I Maestri son pochi e bisognerebbe sceglierseli con discernimento  
        3 .  Scrivere significa avere qualcosa da dire  
        4 .   Nulla si può inventare ignorando ciò che già esiste
        5 .   Ego, pregiudizi, preconcetti ostacolano il cammino del buon narratore
        6 .   La Storia vive, respira, cresce, si dona nonostante l’ego del suo autore
        7 .  Scrivere non è fornire risposte, ma offrire le giuste domande
        8 .  Dubitare è sacrosanto, opporsi è lecito, imparare non è un optional 
        9 .  Paure, limiti e impedimenti, se vuoi scrivere non sono ostacoli bensì spinte     motivanti, foriere di nuove possibilità 
       10 .   Un buon thé non si rifiuta mai!
Affrontiamo l’argomento che mi sono prefissa per questo post, dunque.
Quando facciamo quel passo che ci toglie dallo stato blando di scrittura-autistica (scrivo esclusivamente per me) e ci proponiamo ad un lettore immaginario la scossa che si riceve è piuttosto forte.
Piccoli istrici all’attacco.
Vorrei precisare che la frase “niente di personale” è la cosa meno opportuna da lasciarsi scappare quando vi viene chiesto:
“Che cosa ne pensi del mio scritto?”
È assolutamente ingenuo da parte di chiunque aspettarsi un atteggiamento zen (distaccato) quando andate a criticare ciò che è frutto di marasma interiore, impegno, serietà, e impiego discreto di tempo ed energia.
“È OVVIO che è qualcosa di personale! L’ho scritto IO!”
E il tono di voce tenderà al crescendo, inevitabilmente.
Riprendiamo il discorso: avete deciso che volete proprio sapere cosa il pubblico pensa della vostra opera. Sicuri?
Bene, non è una domanda tendente al pessimismo cosmico, anzi… è solo una presa di coscienza che comporta l’accettazione di qualsiasi tipo di feed-back ci arrivi addosso.
Ben piantati a terra. Schiena dritta. Addominali allertati…
Ecco. Pronti.
Cerchiamo di discernere tra critica costruttiva e critica distruttiva
Non significa che una critica costruttiva ti si proponga con la soluzione incorporata (tanto, parliamoci chiaro, qualsiasi soluzione vi si proponga non sarà mai la soluzione che voi siete disposti ad accogliere, giustamente), anzi, meglio di no, grazie, ma che sia una critica motivata con giusti criteri questo mi sembra il minimo sindacale.
“Non ho capito cosa volevi dire”, con anni e anni di training autogeno, la si può anche accettare, ma un “scrivi da schifo” risulta comunque e sempre un commento inutile e anche privo di tatto, perché si riduce ad una mera questione di gusto personale se lo dici così. Se invece motivi la tua affermazione facendo riferimento alle debolezze che hai colto nella mia scrittura, e nella struttura della mia opera, allora puoi essermi d’aiuto.
Uno sguardo estraneo sa cogliere molto di quello che a noi, autori, rimane invisibile perché troppo vicino, troppo dentro.
Affidarsi ad un professionista, si chiama Editor (per chi non lo sapesse), che ti aiuti a focalizzare meglio la condizione oggettiva di ciò a cui hai lavorato con tanta passione è una mossa intelligente.
Un buon Editor legge ciò che hai scritto (almeno un paio di volte), lo analizza, ci riflette su, ti fa delle domande appropriate, indaga un po’ e valuta gli interventi possibili da suggerirti. Poi ne parla con te, autore. E ascolta la tua reazione. Un buon Editor non ti dà soluzioni vincolanti, non ti dice cosa scrivere e soprattutto non scrive al posto tuo. I buoni Editor sono rari. E questi rari buoni Editor si sanno nascondere bene (e non è solo una battuta).
ATTENZIONE: pensare che un Editor possa cogliere il tuo talento al di là di ogni nefandezza grammaticale, sintattica e strutturale a cui ti sei abbandonato sull’onda dell’ispirazione è… stupido.
Dirò di più: è pericoloso.
Mette a serio rischio l’incolumità del tuo stesso talento.
Se un Editor X (che tu non conosci, ovviamente) legge la tua opera e si accorge che qualcosa c’è, lì in fondo, nonostante tutto il sudiciume da spazzare e decide di fare lui il lavoro sporco, il tuo potere come autore si riduce in polvere.
Potrai essere manipolato, modellato, maneggiato, mistificato e, forse, questa è la cosa peggiore, neppure te ne accorgerai e ti penserai artefice del tuo successo (eh! complimenti), e prediletto dal destino (occhio, il destino ti si può ritorcere contro quando meno te l’aspetti).
Magari penserai: il mio genio è stato finalmente riconosciuto.
Ehmmm… forse…
Oppure, semplicemente, sei stato riconosciuto come pollo da spennare e qualcuno si sta leccando i baffi alle tue spalle.
Scrivere è il risultato di un lavoro metodico e severo di strutturazione, di un paziente e instancabile ripasso di cesello, è un fare e rifare meglio, fino a quando non puoi onestamente pensare: più di così non posso fare.
Non sarà mai perfetto, non t’intignare su concetti aulici di bellezza e perfezione che ti spezzano la schiena a suon di frustate.
Ma non consegnare qualcosa che è gesto istintivo, preda dell’ispirazione del momento, slancio senza riserve, volo pindarico, salto nel buio, e via di questo passo.
A meno che tu non sia il nuovo genio letterario che ogni Editore aspetta trepidante di incontrare sul suo cammino.
Ovviamente.
Credere ai miraggi, in ambito artistico, nel 2010 è del tutto anacronistico.
Permettere a qualcuno di maneggiare la nostra visione è controproducente.
La Realtà è nostra alleata, noi siamo qui e ora e abbiamo deciso di scrivere. Tutto quello che dobbiamo fare è scrivere.
Al meglio delle nostre possibilità.
E vediamo se qualcuno avrà voglia di leggerci.
Chi lo sa?
Intanto scrivi.
E poi si vedrà.
(to be continued)

4 comments

  1. Eh cara Barbara, oltre al lavoro che tanto mi impegna (Lavoro in proprio e capirai.) C'è una cosa che dovrei fare. Scassare il pc. Fonte di tante gioie, tipo questa di averti incontrata, ma anche di enorme distrazione. 🙂

    Neverland, è tra i preferiti, ormai. Sappilo.

    Grazie!

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